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Quattro mali e una cura. L’azione necessaria per l'Italia

Mentre stanno per iniziare, oggi, le consultazioni del presidente Mattarella per la formazione del Governo possibile e necessario all’alba della XVIII legislatura repubblicana, non è forse inutile riflettere su alcuni mali profondi del Paese, della sua politica e del dibattito pubblico.

Il primo è la partigianeria politica. L’Italia è sempre stato, nel bene e nel male, il Paese dei campanili. Oggi, in questo tempo digitale, i social sono inondati di scontri tra fazioni di tifosi delle diverse parti politiche, che militano più che ragionare. Il principio del presupponendum di Ignazio di Loyola, fondamentale per apprendere e per crescere (parti dall’ipotesi che il tuo interlocutore/avversario abbia una parte della verità e soprattutto che sia in buona fede), appare sistematicamente ignorato. Più che incontri tra persone, si mettono in scena scontri tra marionette a colpi di mazzate, una macchietta, ma anche una tragedia. Il secondo male è il livello medio di competenze: insufficiente.

E questo, nel complesso, rende gli italiani inevitabilmente meno capaci di valutare la realizzabilità delle promesse delle varie forze politiche. Ciò aumenta la tentazione delle stesse a sfruttare cinicamente la situazione per rilanciare promesse mirabolanti e illusorie. Un tempo valevano riferimenti culturali e spirituali che aiutavano le persone a orientarsi. Oggi finiamo per essere tutti più soli e più fragili di fronte alle bufale in rete e alle false verità. E a visioni deliranti come quella, fatta e lasciata dilagare, che i problemi dell’Italia "dipendano dai migranti".

Il terzo male è, appunto, il virus della fuga dalla realtà. Ai tempi della peste, quella narrata anche nei "Promessi sposi" di Alessandro Manzoni, c’erano gli untori. Quando esiste un problema serio c’è sempre la tentazione di una via d’uscita facile, di una bacchetta magica, di una fuga dalla realtà. Di un’accusa che sazia ed eccita. Gli untori di oggi sono l’euro e gli stranieri. Ma I mali dell’Italia sono l’accumulo nel tempo di problemi che solo lentamente e faticosamente, ancora nel tempo, possono essere risolti. Uscire dall’euro vorrebbe dire corsa in massa agli sportelli delle banche, fallimenti degli stessi istituti di credito, speculazione finanziaria, default del debito pubblico, rinegoziazione con i creditori esteri e inflazione che si mangia risparmi e competitività... Sarebbe come voler ristrutturare casa abbattendo la trave portante o voler spegnere l’incendio in cucina gettandosi dalla finestra del quinto piano, invece che usando l’estintore o scendendo con giudizio dalle scale.

Ma gli italiani non sono tutti architetti o economisti e dichiarare guerra alle leggi della matematica o della gravità è meglio che rimboccarsi faticosamente le maniche per risolvere i propri problemi giorno per giorno. Ma è proprio questo che bisogna fare. Combattendo contro i nostri "vizi capitali" che sono corruzione, lentezza della giustizia civile, burocrazia pletorica, criminalità organizzata e pongono lacci e lacciuoli a chi cerca di creare buon lavoro. E costruendo soluzioni intelligenti al grande problema dell’economia globale che è la corsa verso il basso nel costo del lavoro che crea precarizzazione e moltitudini di "scartati".

Il quarto male è il tatticismo esasperato delle forze politiche. Che pensano più al loro tornaconto elettorale che al bene del Paese. Agicono nell’illusione di disporre di modelli che dicono quale sarà questo tornaconto di qui alle prossime elezioni. E quindi, da una parte, puntano a drogare gli elettori con miraggi di soluzioni irrealizzabili e, dall’altra, concludono che la cosa migliore è "mettersi da parte" per far sperimentare agli italiani un po’ di tragedia greca e farli rinsavire.

In molti, infatti, pensano che di fronte a questi mali oggi forse non c’è altro rimedio che viverne sulla nostra pelle le conseguenze negative. E mandare al governo chi ha sbagliato e ha sobillato le coscienze, che naturalmente è sempre qualcun altro. È come dire che la cura per il fascismo e il nazismo non poté che essere la Seconda guerra mondiale. Davanti a questa tentazione bisogna decidersi a ragionare. Si può e si deve pensare che non sia vero.

Che ci sia una via d’uscita migliore. Potrebbe essere anche questo uno sbaglio. Ma almeno bisogna provarci. Tutti gli italiani, tutte le forze politiche – i «vincitori insufficienti » e gli sconfitti delle ultime elezioni – devono diventare consapevoli che sono questi i nostri mali. E possono decidersi a tirar fuori da loro il meglio di sé. È possibile affrontare e guarire i grandi mali d’Italia, se ci impegniamo tutti per curarli. Ma è necessario accettare la dura realtà che alla soluzione si arriva lentamente, e non per miracolo.


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